La dottoressa Monica Sonzogni, ricercatrice per quatto anni all’Erasmus Medical Center di Rotterdam con una borsa di studio creata da From-Fondazione per la ricerca dell’Ospedale di Bergamo e finanziata dall’Associazione Angelman ha terminato la sua esperienza in Olanda con tre pubblicazioni che la vedono tutte come prima autrice.
Riportiamo di seguito le sintesi dei suoi studi che mettono in rilievo gli aspetti indagati e l’importanza dei risultati raggiunti. Alla fine di ogni sintesi indichiamo il link alla pubblicazione originale in inglese per chi desidera approfondire.
A BEHAVIORAL TEST BATTERY FOR MOUSE MODELS OF ANGELMAN SYNDROME: A POWERFUL TOOL FOR TESTING DRUGS AND NOVEL UBE3A MUTANTS – MOLECULAR AUTISM SETTEMBRE 2018
UNA BATTERIA DI TEST COMPORTAMENTALE PER I MODELLI MURINI DI SINDROME DI ANGELMAN: UN POTENTE STRUMENTO PER TESTARE FARMACI E NUOVI MUTANTI UBE3A
La sindrome di Angelman (AS) è un grave disturbo dello sviluppo neurologico causato da mutazioni che influenzano l’espressione del gene UBE3A. Studi precedenti su modelli murini di sindrome di Angelman hanno rivelato periodi critici distinti durante il neuro sviluppo, in cui la riattivazione dell’espressione genica di Ube3a può prevenire l’insorgenza di specifici deficit comportamentali. Tuttavia non è noto se l’espressione di UBE3A sia necessaria durante tutta la vita. In questo studio, il gruppo olandese ha analizzato l’importanza di mantenere l’espressione di UBE3A dopo il normale sviluppo del cervello. Per mezzo di uno specifico modello murino di sindrome di Angelman, l’espressione del gene Ube3a è stata eliminata in tre età differenti che attraversano la maturazione del cervello. Le conseguenze della delezione del gene Ube3a sono state testate in topi, i quali hanno svolto test comportamentali alterati nei topi modello di sindrome di Angelman. La delezione embrionale di Ube3a ha indotto tutti i deficit comportamentali dei topi con sindrome di Angelman. Al contrario, la delezione del gene Ube3a a 3 o 12 settimane di età non ha avuto un effetto significativo sulla maggior parte delle attività comportamentali.
Nel loro insieme, i risultati di questo studio di ricerca sottolineano che UBE3A ha un impatto critico in fase embrionale, ma svolge un ruolo più limitato nell’età adulta. Questi risultati forniscono importanti considerazioni per i prossimi studi clinici, in particolare quelli che si basano sulla riattivazione dell’espressione del gene UBE3A. Questi dati suggeriscono che il ripristino transitorio di UBE3A durante una fase iniziale dello sviluppo è in grado di prevenire la maggior parte dei fenotipi della sindrome di Angelman. Tuttavia, l’espressione prolungata di UBE3A nell’età adulta è probabilmente necessaria per un beneficio clinico ottimale.
Con questa pubblicazione – dice Monica Sonzogni – abbiamo dimostrato la messa a punto di un protocollo robusto per gli esperimenti preclinici da utilizzare nel campo della Sindrome di Angelman. In passato alcuni farmaci, tra cui Minocycline e L-Dopa, sono stati suggeriti come benefici per la terapia della Sindrome di Angelman. Tuttavia i risultati ottenuti nei successivi trial clinici hanno dimostrato un effetto nullo dei due farmaci. L’inefficacia osservata in campo clinico, e’ stata confermata nel nostro paper nei modelli animali di Sindrome di Angelman, i quali mostrano alcun beneficio dopo la somministrazione dei due farmaci (L-Dopa e Minocycline). Crediamo vivamente che questo insieme di esperimenti definiti nel paper come “test battery” saranno utili per standardizzare in modo efficace lo screening di farmaci contro la sindrome di Angelman.
‘DELAYED LOSS OF UBE3A REDUCES THE EXPRESSION OF ANGELMAN SYNDROME-ASSOCIATED PHENOTYPES’
LA PERDITA RITARDATA DI UBE3A RIDUCE L’ESPRESSIONE DEI FENOTIPI ASSOCIATI ALLA SINDROME DI ANGELMAN
Lo studio, pubblicato su Molecular Autism a maggio 2019 raccoglie una serie di esperimenti svolti finalizzati a rispondere a due domande in particolare: quando serve la proteina UBE3A? Qual è la finestra terapeutica migliore per i pazienti affetti da Sindrome di Angelman? Studi precedenti, pubblicati sempre dal laboratorio del professor Ype Elgersma, hanno suggerito che le funzioni di UBE3A si svolgono principalmente nelle prime fasi embrionali dello sviluppo. In linea con questi risultati, una terapia genica di riattivazione dell’espressione della proteina UBE3A mostra la massima efficacia solo se attuata per tempo. Recentemente, solo grazie a quest’ultimo studio pubblicato su Molecular Autism, abbiamo dimostrato che UBE3A ha una funzione minima ma non nulla dopo lo sviluppo cerebrale. Questi dati suggeriscono dunque che per ottenere benefici terapeutici ottimali, l’espressione di UBE3A deve essere non solo presente fin dalle prime fasi dello sviluppo embrionale ma che deve essere mantenuta attiva anche dopo la fase del neuro sviluppo.
“LOSS OF NUCLEAR UBE3A CAUSES ELECTROPHYSIOLOGICAL AND BEHAVIORAL DEFICITS IN MICE AND IS ASSOCIATED WITH ANGELMAN SYNDROME’
LA PERDITA DI UBE3A NUCLEARE CAUSA DEFICIT ELETTROFISIOLOGICI E COMPORTAMENTALI NEI TOPI ED È ASSOCIATA ALLA SINDROME DI ANGELMAN
La sindrome di Angelman (AS) è causata da mutazioni o delezioni che provocano la perdita della proteina funzionale UBE3A. Tuttavia, nonostante i numerosi anni di ricerca, non è chiaro dove UBE3A svolga la sua funzione nella cellula e come la perdita di UBE3A causi la sindrome di Angelman. La collaborazione di tre gruppi di ricerca nei Paesi Bassi con a capo Ben Distel (UMC di Amsterdam), Steven Kushner e Ype Elgersma (entrambi presso Erasmus MC, Rotterdam) ha portato ad una nuova scoperta: UBE3A ha un ruolo critico nel nucleo e la perdita di UBE3A nel nucleo causa la sindrome di Angelman.
I neuroni sono il punto chiave del nostro cervello e comunicano tra loro attraverso connessioni sinaptiche. Precedenti lavori di diversi gruppi di ricerca hanno stabilito che le sinapsi dei modelli animali di sindrome di Angelman funzionano in modo non ottimale e che questo deficit è probabilmente alla base del grave ritardo dello sviluppo neurologico. Poiché UBE3A è presente nelle sinapsi, quasi tutte le ricerche su UBE3A si sono concentrate sul suo ruolo a livello sinaptico, ma la sua funzione precisa non è ancora chiara.
UBE3A è presente anche in altri punti del neurone, in particolare è molto abbondante nel nucleo, il quale contiene il DNA della cellula che ne determina la sua funzione. Nel nuovo studio, il team di ricerca olandese ha rivelato esattamente come UBE3A è in grado di entrare nel nucleo. È stato dimostrato che UBE3A è in grado di legarsi a una proteina chiamata PSMD4 e che questo legame è fondamentale per portarla a livello nucleare.
Poiché la localizzazione nucleare di UBE3A è altamente controllata, il gruppo di ricerca ha ritenuto che questa localizzazione potesse essere importante per la fisiopatologia della sindrome. Pertanto, lo studio si è focalizzato sulla possibilità che mutazioni di UBE3A riscontrate nei pazienti con la sindrome di Angelman, potessero bloccare il targeting di UBE3A nel nucleo. In effetti, sono state descritte tre mutazioni in UBE3A associate alla sindrome in cui la proteina non è più presente nel nucleo.
Ricerche precedenti hanno provato che la proteina UBE3A è presente in natura sotto forma di due varianti (chiamate isoforme). In questo studio è stato dimostrato che nel nucleo è presente solo la variante più corta. La variante più lunga di UBE3A è assente nei nuclei e dispersa in tutto il neurone (ad esempio nelle sinapsi). Per studiare ulteriormente l’importanza delle due isoforme di UBE3A e la loro diversa localizzazione, i ricercatori hanno generato due modelli murini che esprimono o la proteina UBE3A nucleare (corta) o la proteina UBE3A non nucleare (lunga). Questa ricerca ha dimostrato che i topi in cui manca UBE3A nel nucleo, assomigliano molto ai topi con la sindrome di Angelman. Questi topi non solo hanno mostrato deficit comportamentali, ma anche l’errato funzionamento delle loro sinapsi. Al contrario, i topi a cui mancava l’UBE3A non nucleare (lungo) apparivano inalterati.
Con questo nuovo lavoro di ricerca cambia l’attuale visione di come UBE3A causi la Sindrome di Angelman. Studi futuri dovrebbero chiarire il ruolo preciso di UBE3A nel nucleo e come questo si colleghi alla fisiopatologia della sindrome, aspetto fondamentale per lo sviluppo di nuovi farmaci.