FROM, ASST Papa Giovanni XXIII e ATS Bergamo insieme per RICO Ricerca Istituzionale Collaborativa: un progetto di ricerca per indagare il ruolo dell’infiammazione nello sviluppo delle malattie.

FROM, ASST Papa Giovanni XXIII e ATS Bergamo insieme per RICO Ricerca Istituzionale Collaborativa: un progetto di ricerca per indagare il ruolo dell’infiammazione nello sviluppo delle malattie.

FROM Fondazione per la Ricerca Ospedale di Bergamo ETS, ASST Papa Giovanni XXIII e ATS Bergamo sono al lavoro insieme per “Infiammazione e malattie: Progetto RICO Ricerca Istituzionale Collaborativa", un progetto di ricerca promosso da FROM che coinvolge diverse specialità dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII, il Servizio Epidemiologico Aziendale di ATS Bergamo e che conta sul supporto di BCC Milano.

La ricerca si concentra sui fattori che portano ad infiammazioni persistenti e sui danni che ne conseguono. Una ricerca trasversale, ampia, per indagare a fondo come i meccanismi di immunità naturale di difesa contro le infezioni possono trasformarsi in una causa di gravi malattie quali infarto, ictus, malattie croniche polmonari, trombosi venose, artrite reumatoide, diabete, asma, malattia di Alzheimer, tumori maligni, etc.

Il Progetto RICO intende indagare le varie malattie coinvolgendo trasversalmente diverse specialità dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII (Ematologia, Cardiologia, Neurologia, Pediatria, Pneumologia, Gastroenterologia, Laboratorio di Biochimica) oltre che il Servizio Epidemiologico Aziendale di ATS Bergamo. Sono già coinvolte nella ricerca le Unità Cliniche di: Cardiologia, Neurologia, Ematologia e il Laboratorio di Biochimica.

«Il Progetto RICO ha come obiettivo quello di migliorare la qualità della vita e della cura di tutti noi – commenta Alberto Bombassei, Presidente di FROM Fondazione per la Ricerca Ospedale di Bergamo ETS - Una ricerca collaborativa, promossa da FROM, che coinvolge istituzioni pubbliche e finanziatori privati, e che si realizza sotto l’egida della collaborazione tra due grandi istituzioni sanitarie del territorio, ciascuna con prerogative e mission proprie ovvero l’ospedale Papa Giovanni XXIII e l’ATS di Bergamo. FROM mette a disposizione tutto il suo know-how nella gestione e nell’analisi dei dati oltre alle proprie risorse organizzative. Lo start up di RICO è stato possibile grazie a BCC Milano, che ha scelto di inaugurare la sua presenza a Bergamo partecipando a questo progetto di ricerca nell’ottica di promozione della salute dei cittadini bergamaschi, e non solo. Perché i benefici della ricerca non conoscono confini. A BCC va il mio ringraziamento. Collaborazione, innovazione e competenza sono l'unica via possibile per fare ricerca scientifica efficace, la missione più rilevante di FROM. Anche nella ricerca clinica l’innovazione è fertilizzata dalla multidisciplinarietà, dalla contaminazione dei saperi e dalla capacità di fare sistema. RICO vuole essere un modello in tal senso».

 «Sosteniamo con orgoglio questo importante progetto scientifico promosso da Fondazione FROM – dichiara Giuseppe Maino, Presidente BCC Milano – Il nostro apporto si inserisce in un’esperienza di grande successo finalizzata a realizzare progetti di alto valore sociale sul territorio con il contributo diretto dei nostri Soci: rinunciando al dono che la Banca offre loro a Natale, finanziano ogni anno una o più iniziative destinate alla collettività che si distinguono per qualità, innovazione e durata nel tempo. Grazie ai nostri Soci abbiamo concretizzato progetti di grande impatto, con un occhio di riguardo alla salute e al benessere delle persone. Considerati il prestigio dell’istituzione guidata dal Presidente Alberto Bombassei, la competenza del Professor Tiziano Barbui e il forte legame che il territorio bergamasco vive con il suo Ospedale, abbiamo aderito con convinzione ed entusiasmo a questo partenariato».

Il punto di partenza è l’infiammazione

L’infiammazione è un processo fisiologico di difesa che il nostro organismo attiva per contrastare le diverse situazioni di pericolo quali: batteri, virus, sostanze tossiche, traumi.  Lo strumento che il nostro organismo utilizza per questo processo è il sistema immunitario, che coinvolge cellule specializzate nell’autodifesa. Il risultato, in condizioni di normalità, è la guarigione, attraverso il processo che ha causato dolore, rossore, calore, rigonfiamento e che riporta alle condizioni primitive della funzione lesa.

Normalmente è un processo che dura poco, ore o giorni, e si associa a febbre, dolore nelle aree infiammate e coinvolge le diverse famiglie dei globuli bianchi e altre componenti del sistema immunologico. Quando avviene in aree pericolose quali cervello, cuore, polmoni ed è fuori controllo dal nostro sistema immunitario, può causare danni permanenti e talvolta letali. L’esperienza del COVID-19 è un esempio di danno d’organo (come ad es. polmoniti massive) dovuto ad uno stato di iper-infiammazione che richiede l’utilizzo di farmaci specifici per limitare il danno causato da questa esagerata risposta infiammatoria.

Quando lo stato infiammatorio persiste per mesi o anni si parla di infiammazione cronica. Molto spesso non sono presenti segni o sintomi che sottostanno a questo subdolo meccanismo patologico apparentemente non causato da agenti esterni al nostro organismo. Talvolta lo stato di infiammazione può avvenire sottotraccia e negli ultimi anni è stato ritenuto un killer silenzioso responsabile di molte malattie (ictus, infarti, trombosi venose, artrite reumatoide, diabete, asma, malattia di Alzheimer, tumori maligni). Vi sono, inoltre, alcune condizioni che maggiormente possono essere responsabili di infiammazione cronica: fumo, obesità, malattie croniche polmonari, diabete, trattamento per tumori, radiazioni, menopausa prematura.

Il sistema immunitario gioca un ruolo fondamentale nella regolazione dell’infiammazione. Negli ultimi anni la ricerca si è concentrata nel riconoscere se esista una predisposizione genetica – non ereditaria – per questo fenomeno infiammatorio dimostrando che l’alterazione di alcuni geni che regolano la normale produzione delle cellule del sangue (emopoiesi), e quindi del sistema immunitario, può essere corresponsabile dello stato infiammatorio cronico e portare, quindi, a complicazioni non solo vascolari ma tumorali.

Il ruolo degli attori coinvolti

L’Ospedale Papa Giovanni XXIII studierà il profilo clinico dei pazienti colpiti dalle malattie indagate (infarto, ictus, Alzheimer etc.) e valuterà le correlazioni con lo stato infiammatorio, tramite l’analisi dei marcatori biologici di infiammazione. Il coinvolgimento del Servizio Epidemiologico Aziendale di ATS di Bergamo consentirà la ricostruzione post-dimissione ospedaliera degli eventi critici (ad es. decesso, ricoveri, prestazioni ambulatoriali, etc.) di questi pazienti. L’indagine di questo modello rappresenta una prima “validazione” dell’ipotesi di ricerca che associa emopoiesi (il processo fisiologico di produzione delle cellule del sangue), infiammazione cronica e relativo impatto clinico nel tempo.

Una volta identificati i profili (pattern) ematologici indicatori di infiammazione cronica e riconosciuta la loro associazione con una peggior prognosi nel tempo, saranno predisposti adeguati protocolli prospettici che consentiranno di validare queste ipotesi attraverso specifici marcatori infiammatori e analisi genetiche avanzate (Next Generation Sequencing – NGS) nei pazienti.

Il progetto RICO si articola in una prima fase di indagine esplorativa attraverso studi retrospettivi (che ‘guardano indietro’ esaminando esiti già noti per determinarne la causa) ed in una seconda dove saranno attivati studi prospettici (che ‘guardano avanti’, iniziano nel presente e continuano nel tempo).

«È assai probabile che le mutazioni genetiche che portano ad infiammazione persistente siano la causa di precoci danni nelle arterie e nelle vene – causando infarto o ictus –, nei polmoni – contribuendo in modo significativo a embolie – , nel fegato e in altri organi, provocando, ad esempio, tumori maligni o altre malattie – spiega Tiziano Barbui, Direttore Scientifico FROM Fondazione per la Ricerca Ospedale di Bergamo ETS – RICO può avere un grande impatto sulla prevenzione e sulla terapia dei malati. Il programma di ricerca è ambizioso, molto innovativo ed in linea con altri in corso nel nord Europa e negli Stati Uniti, con cui è in essere una proficua collaborazione. RICO è uno studio longitudinale, che coinvolge cioè più realtà, quelle più significative per la verifica dell’ipotesi di ricerca: oltre a FROM, le Unità Cliniche dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII e ATS Bergamo».  

«L’attività clinica del Papa Giovanni è indispensabile per la realizzazione del progetto che si fonda sui dati derivanti dai casi che sono assai significativi per numerosità e molto articolati per patologia e livelli di complessità. La ASST Papa Giovanni è quindi protagonista anche in questo progetto che intende contribuire in maniera determinante a mettere dei punti fermi nella conoscenza della correlazione tra infiammazione e sviluppo di gravi malattie – commenta Maria Beatrice Stasi, Direttore generale dell’ASST Papa Giovanni XXIII – Favorire il progresso scientifico mettendo a disposizione le competenze dei nostri professionisti, anche partecipando a reti di collaborazione con altre realtà, fa parte della nostra mission, così come quello di promuovere la ricerca indipendente e l'innovazione, contribuendo al dibattito scientifico internazionale, con il fine ultimo di perseguire qualità e appropriatezza delle cure e il miglioramento continuo dell’assistenza che offriamo ai nostri pazienti».

«Il Progetto RICO vede ATS Bergamo parte attiva perché crediamo negli obiettivi che si prefigge – aggiunge Michele Sofia, Direttore Sanitario dell’Agenzia di Tutela della Salute (ATS) di Bergamo – La stretta collaborazione con gli attori coinvolti è un plus per il buon esito delle indagini che questa innovativa ricerca andrà a compiere, con l’interessante analisi delle infiammazioni quale punto di sviluppo di molteplici malattie su differenti discipline. I risultati auspicati daranno un importante contributo alle attività di Prevenzione, a beneficio della collettività: la sinergia tra Fondazione FROM, ASST Papa Giovanni XXIII e ATS Bergamo è e sarà fondamentale, sia nelle fasi del Progetto sia nel tempo a venire».

Un progetto trasversale

Sono diverse le specialità dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII coinvolte in modo trasversale nel Progetto RICO.

«Da molti anni è noto che condizioni di infiammazione cronica sistemica favoriscono lo sviluppo e la progressione di diversi tipi di cancro – spiega Alessandro Rambaldi, Direttore SC Ematologia e del Dipartimento di Oncologia ed Ematologia – Più recentemente si è osservato che alcune mutazioni genetiche di cellule del sangue sono responsabili non solo dello sviluppo di alcuni tumori del sangue, ma sono anche promotrici di stati infiammatori cronici che a loro volta promuovono lo sviluppo di altri tumori e più in generale di malattie d’organo per le quali fino ad ora non è stata ancora identifica una causa patogenetica univoca. Il laboratorio di diagnostica molecolare delle neoplasie ematologiche da 35 anni rappresenta il cardine per la diagnosi delle malattie del sangue e oggi orienta la scelta terapeutica per molte di esse. In particolare, l’implementazione delle tecniche di sequenziamento di profondità (NGS) permette l’identificazione di tali mutazioni genetiche in alcune cellule del sangue. La diagnostica molecolare mediante NGS applicata a quadri clinici selezionati può quindi offrire la tecnologia per identificare mutazioni causative di stati infiammatori altrimenti non spiegati e guidare quindi una diagnostica non solo innovativa ma soprattutto capace di portare a nuove soluzioni terapeutiche».

«È ormai chiaro che l’organismo umano, in risposta a stimoli diversi non sempre ben riconoscibili, è in grado di liberare molecole ad azione pro-infiammatoria, come ad esempio le citokine, che possono giocare un ruolo chiave scatenando eventi patologici acuti e cronici – evidenzia Maria Grazia Alessio, Direttore SC SMeL2 Analisi Chimico Cliniche e Centri Prelievo – Ne è stato un chiaro esempio la “tempesta citokinica” scatenata dall’infezione da virus SARS-CoV-2 e di cui molto si è parlato anche sui media, in grado di determinare una sofferenza generalizzata di organi e tessuti tale da condurre molti pazienti al decesso nel giro di poche ore o giorni. Di fronte a queste evidenze, anche la Medicina di Laboratorio ha iniziato ad attrezzarsi di conseguenza. Confinati fino a pochi anni fa nell’ambito dei soli laboratori di ricerca, oggi i dosaggi delle citochine e, più in generale, delle molecole ad azione pro-infiammatoria, stanno entrando a far parte del panel di test disponibili nei laboratori clinici, con un progressivo cambio di strategia: se prima eravamo focalizzati unicamente sul riconoscimento dell’evento infiammatorio acuto, per il quale abbiamo a disposizione test ben conosciuti e collaudati (proteina C reattiva, velocità di eritrosedimentazione, procalcitonina, ferritina, fibrinogeno etc.), oggi siamo in grado di mettere a disposizione dei clinici test capaci di rilevare l’infiammazione “nascosta”, quella che non dà segni ne sintomi ma, lavorando come il fuoco sotto la cenere, nel medio/lungo periodo può scatenare eventi acuti e gravi come infarto, ictus, trombosi, rigetto d’organo ed altri, ancora in fase di studio. Documentare un processo infiammatorio “attivo”, sebbene non visibile e non avvertito dal paziente, consente di individuare i soggetti a rischio di sviluppare eventi acuti e sui quali si può agire con adeguati interventi di prevenzione. Questi marcatori verranno valutati nell’ambito dello studio RICO grazie anche alla disponibilità di nuove tecnologie, in grado di considerare contemporaneamente e con grande accuratezza un gran numero di marcatori di infiammazione di ultima generazione utilizzando un singolo campione di sangue».

«L’alterazione di alcuni geni che regolano la normale produzione delle cellule del sangue, e quindi del sistema immunitario, può essere corresponsabile dello stato infiammatorio cronico che, a sua volta può portare complicazioni non solo vascolari – aggiunge Michele Senni, Direttore SC Cardiologia 1 e del Dipartimento Cardiovascolare – Questo concetto, che va sotto il nome di CHIP (Emopoiesi Clonale di Indeterminato Potenziale), non solo aumenta considerevolmente il rischio di sviluppare un tumore, ma incrementa del 40% il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, quali coronaropatie, scompenso cardiaco, vasculopatie periferiche, stenosi aortiche degenerative, tromboembolismo venoso e ipertensione polmonare. La CHIP comporta un’aumentata probabilità di sviluppare queste malattie cardiovascolari indipendentemente dai fattori di rischio tradizionali, e rappresenta un nuovo, potente fattore di rischio cardiovascolare.  Il riconoscimento di questo fenomeno potrebbe migliorare significativamente la gestione clinica e terapeutica dei pazienti con malattie cardiovascolari.  L’obiettivo principale del primo progetto RICO svolto in ambito cardiologico è individuare quelle mutazioni genetiche che possono contribuire al processo infiammatorio in pazienti affetti da patologie coronariche acute quali l’infarto miocardico e le sindromi coronariche acute.  Lo scopo ultimo è quello di individuare nuovi possibili protocolli terapeutici».

«In linea con quanto riportato per la patologia ischemica cardiaca, si stanno accumulando evidenze in letteratura che la CHIP (Emopoiesi Clonale di Indeterminato Potenziale) sia associata a un aumentato rischio di ictus, indipendentemente dai classici fattori di rischio, verosimilmente attraverso un meccanismo pro-infiammatorio  spiega Maria Sessa, Direttore SC Neurologia. Nel mondo occidentale, l’ictus rappresenta la terza causa di morte e la prima causa di disabilità e in un’elevata percentuale di casi, nonostante estese indagini, non si conoscono ancora, con precisione, i meccanismi causa-effetto. Stante l’enorme rilevanza della patologia, risulta pertanto di estremo interesse esplorare il potenziale ruolo dell’ematopoiesi clonale nell’ictus cerebri. L’SC di Neurologia è coinvolta nel progetto RICO con uno studio che arruolerà pazienti affetti da ictus cerebrale acuto in cui verranno analizzate eventuali mutazioni a carico dei geni che regolano l’ematopoiesi con l’obiettivo di migliorare la stratificazione del rischio e di identificare strategie terapeutiche personalizzate di prevenzione».

«Nell’ambito del Progetto RICO conclude Alberto Zucchi, Direttore SC Servizio Epidemiologico Aziendale e del Dipartimento PAAPSS di ATS Bergamo – il Servizio Epidemiologia di ATS Bergamo fornisce tutti gli elementi quantitativi legati alle persone che partecipano allo studio per monitorare il loro profilo di salute, ad esempio situazioni di comorbidità (quindi la presenza contemporanea di più patologie) e fattori di rischio, nonché molti altri aspetti indispensabili per costruire indicatori che corroborino il percorso di ricerca. Si tratta di una grande quantità di dati a cui ATS ha accesso, per le proprie funzioni istituzionali, utili innanzitutto per la parte retrospettiva dello studio (è possibile avere informazioni dettagliate almeno fino all’inizio degli anni Duemila) sia per la fase prospettica, che guarda al futuro. L’Agenzia di Tutela della Salute ha infatti la possibilità di venire a conoscenza di tutti gli eventi che riguardano il percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale di queste persone: nuovi ricoveri e richieste di prestazioni anche in strutture diverse dall’Ospedale di Bergamo e anche fuori provincia, terapie in corso, accesso a Residenze Sanitarie Assistenziali e all’Assistenza Sanitaria Integrata, accessi in Pronto Soccorso, fino ai dati di mortalità. Una visione a 360 gradi fondamentale: attraverso il tracciamento di questo flusso di dati sarà possibile verificare gli esiti delle cure ricevute in Ospedale rispetto ai fattori di rischio, così come stimare le probabilità di ammalarsi di nuovo; in una parola, agire sul fronte della prevenzione primaria».